"Gli interessi sono dovuti anche se il tasso di mora è usuraio". Il caso del Tribunale di Milano

Questo è ormai un metodo assai diffuso, nella pratica attuale, di includere nel calcolo dell' usura gli interessi moratori: quanto, per la verità, senz’altro sbagliato. Esso dà vita, in effetti, a una lettura non realistica della norma dell’art. 644 c.p. (perché viene sostanzialmente a conteggiare due volte i compensativi, poi aggiungendo la crescita dei moratori) e tecnicamente scorretta della stessa. 

Gli interessi moratori (le clausole penali, in genere) vengono pattuiti nel caso si venga a verificare un evento di inadempimento; la stessa promessa del cliente di pagare i moratori sconta in thesi, cioè, un simile presupposto. Altrimenti detto e guardando la cosa da un diverso angolo: nella fisiologia degli accordi tra banca e cliente, interessi compensativi e interessi moratori sono alternativi; nel senso che, se si applicano questi ultimi (in sé funzionali a coprire il danno da inadempimento, seppure «misurato» in via preventiva e con taglio di approssimazione forfettaria), non si applicano i primi (che costituiscono il corrispettivo del «godimento» del capitale ex art. 820, comma 3, c.c.). Secondo quanto è desumibile senza grande fatica, d’altra parte, dal contesto normativo dell’art. 1224 c.c.

Posto questo insieme di dati, il Tribunale di Milano ha avuto gioco decisamente facile nel respingere la pretesa di usura formulata dal cliente.

Comunque, la rilevanza del tasso di mora quale semplice segmento di un’usura complessiva (è l’insieme del carico economico a fare risultare usurario il contratto) viene recuperata dall’ordinanza sul piano dell’applicazione effettiva di tale tipo di interessi, e cioè in presenza di un ritardato pagamento.
A livello di esecuzione del rapporto, a contare è proprio la concreta somma degli interessi conteggiati a carico del mutuatario (più gli altri oneri nei fatti applicati, eventuali o meno che siano è bene puntualizzare). 
 
Di tale rilevanza della mora, tuttavia, l’ordinanza non indica quale ritenga essere lo specifico risvolto rimediale (del resto, si è già detto, si tratta di passaggi motivazionali con forte impronta di obiter). In effetti, non può per nulla ritenersi scontata, in proposito, l’applicazione della sanzione di gratuità di cui al comma 2 dell’art. 1815 c.c.: basta pensare che il superamento della soglia a seguito dell’applicazione della mora, in quanto legata al verificarsi di un evento di inadempimento, configura per sé un caso caratteristico di usura sopravvenuta.
Così, nel dettaglio: tasso soglia fissato, all’epoca della stipula, nella misura del 10,23%; patto di interessi compensativi attestato, allo stesso momento, sulla misura del 6,68%; patto di interessi moratori pesante, sempre alla detta data, per la misura dell’8,20% (nella valutazione del cliente; in quella della banca, il tasso era più alto). E dunque, in totale: 10,23% vs 14,88%.