Covid19: che ne è di prime case e negozi all’asta?

Tutti i debiti sono uguali (?)

Asta-immobiliareIl principio democratico è sulla carta, ma non sempre si trasferisce ed applica alla realtà. Sia che si tratti di diritti, sia che si tratti di tutele e protezioni da riconoscere ai cittadini in difficoltà economiche.

Può succedere così, che alla proroga del blocco delle cartelle esattoriali causa Covid19, annunciata con grande enfasi dal Governo, NON sia corrisposta una tregua per quel che riguarda le aste giudiziarie determinate da prestiti accesi e non rimborsati su case di residenza e locali commerciali.

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Un tema caldo anche questo, ma che è rimasto avviluppato in una coltre di silenzio e indifferenza; come se nascondere la polvere sotto al tappeto spazzasse via lo sporco senza dover fare fatica.

Nei giorni scorsi, però, la Caritas Ambrosiana ha preso posizione pubblicamente, sperando di far accendere i riflettori dell’opinione pubblica sul problema.

È necessario facilitare l’iter di accesso all’esdebitazione per le famiglie che versano in gravi condizioni materiali, ha spiegato Luciano Gualzetti (direttore della Caritas Ambrosiana). Il lockdown di marzo e aprile ha inflitto un duro colpo a migliaia di italiani, lasciandoli senza lavoro, o comunque riducendo considerevolmente il monte ore, e quindi lo stipendio. Il futuro prossimo è tutto da scrivere, ma il rischio più che concreto è che lo si debba fare usando nuovamente i toni cupi del nero, del grigio, del blu scuro. Ciò rende necessario applicare la proroga del 31 dicembre 2020 anche alle aste immobiliari relative a prime case, laboratori artigianali ed attività commerciali.

Nel frattempo però, precisa la Caritas Ambrosiana, bisogna accelerare i tempi per l’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi. L’iniziale termine del dicembre 2021, infatti, è stato decisamente superato dall’incalzare degli eventi: non è permesso procrastinare, i cittadini hanno bisogno adesso di prendere fiato, perché altrimenti sarà troppo tardi per molti di loro.

La Caritas Ambrosiana si era già mossa in questa direzione in tempi non sospetti, visto che a febbraio aveva presentato una proposta di emendamento al Decreto Semplificazioni firmata da magistrati, docenti universitari e fondazioni anti-usura. Nella fase finale dei lavori poi, il documento era stato rigettato.

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