Legge salva-suicidi: annullato debito da 1 milione di euro

Investire per lavorare. Non sempre lo spirito intraprendente viene ripagato

È questa la differenza sostanziale tra un finanziamento ed un mutuo per la casa. Nel secondo caso si fanno dei sacrifici per qualcosa di reale, concreto, tangibile, che – salvo imprevisti – resta, e può costituire eredità per chi verrà dopo. La liquidità richiesta per avviare un’attività professionale, ampliarla o diversificarla, invece, spesso va persa, e non necessariamente per l’incapacità di chi l’ha ricevuta. Come fare, quindi a rimborsare la banca? E che succede se la cifra è spropositata rispetto alle proprie risorse?

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Questa, in breve, la situazione in cui si è ritrovata una coppia di 40enni di Pavia che nel 2008 aveva preso in gestione attraverso la sua società in nome collettivo un distributore di benzina. A tutela della controparte era stata stipulata una fideiussione da 50mila euro, ma il contratto è stato rescisso prima del previsto, e ai due è stato richiesto il pagamento di circa 60mila euro.

Nel 2011 i due hanno intrapreso le vie legali per risolvere la controversia, successivamente hanno chiuso la società, e hanno fatto i più svariati lavori, per far fronte alle spese familiari, all’arrivo di un figlio, ed alle rate del mutuo stipulato nel 2010 e per cui i genitori della donna avevano fatto da garanti. Ciononostante l’incalzare delle scadenze li ha costretti a richiedere anche ulteriori finanziamenti, finché la casa è stata messa all’asta a fronte di un debito da far tremare i polsi. 1 milione di euro complessivo, di cui circa 200mila da pagare ad Agenzia delle Entrate Riscossione.

Una via di uscita si è concretizzata, fortunatamente, attraverso la legge n.3/2012, la cosiddetta salva-suicidi. Un provvedimento, questo, che ha disciplinato la gestione del sovraindebitamento dei contribuenti, sancendo il principio secondo cui si ha il diritto a pagare solo una parte della pendenza, compatibile con il proprio reddito e la necessità di condurre una vita dignitosa.

Così, il Tribunale di Pavia ha stabilito che la coppia pagherà 80mila euro, la gran parte dei quali ricavati dalla vendita all’asta della casa, e il residuo debito da un milione di euro verrà cancellato.

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La redazione