Palermo: “rateizzare non equivale a riconoscere il debito. E non ha conseguenze sulla prescrizione”

Una dilazione è per sempre? 

RateizzazioneÈ questo il dilemma, a tratti inquietante e foriero di oscure conseguenze, con cui si trovano spesso a fare i conti i cittadini, magari ingolositi dalla manovra di rottamazione ciclicamente riproposta dal Governo.

D’altra parte, chi non coglierebbe l’occasione di cancellare i propri debiti con il Fisco, laddove avesse l’occasione di pagare solo una parte dell’importo originario? Il punto però, è che spesso il contribuente, anche se in buona fede, fa il passo più lungo della gamba e sottoscrive un piano di dilazione che, con il tempo, si rivela poco sostenibile. Costi vivi, uscite impreviste e spese mediche possono infatti – letteralmente – vampirizzare il bilancio mensile di una famiglia.

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Così, dopo che il cittadino salta una o più rate, il problema iniziale si ripropone, magari con conseguenze ancora più gravi. Finora infatti la sottoscrizione di un piano di rateazione del debito azzerava i termini trascorsi fino a quel momento ai fini della prescrizione. In pratica, il contachilometri virtuale veniva resettato e si ripartiva. Da qui in avanti le cose potrebbero cambiare.

RiscossioneSicilia Chiamata al pagamento

Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Palermo Paolo Marino ha infatti stabilito che l’adesione a un piano di dilazione non annulla la prescrizione, e non implica l’automatico riconoscimento del debito. Riscossione Sicilia è stata quindi richiamata al pagamento delle spese di lite.

All’origine della pronuncia c’è il ricorso di un contribuente che aveva chiesto di poter rateizzare i 30mila euro dovuti a titolo di contributi previdenziali.

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Nel 2009 il cittadino aveva ottenuto di poter frazionare il debito originario. Circa dieci anni dopo, però, Riscossione Sicilia si è fatta avanti chiedendo il fermo dei beni.

La sentenza

La sentenza del Giudice del Lavoro Paolo Marino risulta particolarmente significativa in quanto sottolinea che la rateazione non equivale a una sorta di “ammissione di colpa” da parte del debitore. Scaturisce piuttosto dalla consapevolezza che è necessario pagare per evitare il congelamento dei propri beni, e quindi gravissime ripercussioni sulla propria vita professionale e privata. 

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