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Pignoramenti: nessuno tocchi quella casa? Non ditelo agli istituti di credito…

Hai un debito con la banca?  Forse non lo sai, ma questa può rivalersi sui tuoi beni, compreso l’eventuale, unico, immobile di residenza. Il margine d’azione riconosciuto agli istituti di credito, in casi del genere, è molto più ampio, rispetto ai “poteri” conferiti a Equitalia. Vediamo perché. 
 
Se la banca dispone di un titolo esecutivo (contratto di mutuo, decreto ingiuntivo o sentenza) può effettuare il pignoramento, a condizione di farlo precedere dalla notifica dell’atto di precetto. Peraltro, non è sottoposta a vincoli/paletti relativi all’ammontare del debito, che può quindi essere anche relativamente contenuto.
 

Equitalia lo insegue dal 2007 per un debito. Ma lui ha solo dieci anni…

Le nuove generazioni vivono in uno stato di accelerazione costante. L’età media in cui fanno qualunque tipo di esperienza si è notevolmente abbassata, rispetto ai loro coetanei di dieci/venti anni fa, ma stavolta, forse, siamo in presenza di un vero e proprio pargolo prodigio. A due anni infatti avrebbe acquistato un telefono cellulare diventando contemporaneamente moroso nei confronti del venditore. Da qui è iniziata la “caccia al ladro” da parte di Equitalia, durata ben otto anni. Naturalmente si tratta di una vicenda ai limiti del grottesco, l’ennesima dimostrazione che, quando si tratta di burocrazia, il buonsenso, purtroppo, diventa un optional.
 
Andiamo con ordine. “Teatro” della vicenda è Alessandria, dove un bambino avrebbe comprato, nel lontano 2007, un dispositivo di telefonia mobile. La sua “colpa”? «Non aver pagato le tasse di registrazione dopo l'acquisto, con contratto. La transazione però non è mai avvenuta. Eppure Equitalia pretendeva da noi 166 euro». A parlare è Amalia Iudicone, la mamma del “reo”. A rendere noto questo kafkiano episodio di cronaca è stato Il Secolo XIX, nei giorni scorsi.
 
All’origine di tutto, presumibilmente, c’è uno scambio di persona, ma nessuno si è preso la briga di fare delle verifiche in merito. «Temevamo che a lungo andare questa storia potesse compromettere il futuro di nostro figlio, col rischio che al compimento dei 18 anni il suo nome venisse inserito nell'elenco dei debitori inadempienti». 
 
Intanto però, il piccolo ha dovuto assistere a scene a dir poco paradossali, le cui conseguenze, al momento, sono impossibili da determinare. «Mio figlio non sa ancora cosa sono le tasse e non capisce perché a casa nostra una mattina, mentre giocava con me, è entrato un ufficiale giudiziario che ha chiesto di vederlo. Ha soltanto capito che da 8 anni qualcuno crede che lui abbia acquistato un telefonino. Ogni tanto mi chiede: “Mamma, ma davvero io ho comprato un cellulare?”». 
 
Da parte sua, intanto, l’Agenzia di Riscossione liquida la vicenda con una scrollata di spalle. A suo dire, la cartella esattoriale “incriminata” sarebbe stata cancellata sei mesi fa…
 
 

 

Non paghi la mensa scolastica? Ti becchi la cartella, anche se sei povero

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Soprattutto quando si tratta di diritti. La Costituzione riconosce ai cittadini quello all’istruzione, ma nella pratica troppe volte viene disatteso. Così, nei giorni scorsi tre famiglie di Firenze si sono viste recapitare alcune cartelle esattoriali per non aver versato la retta della mensa scolastica dei loro figli. All’origine dei fatti, la precaria situazione economica in cui questi nuclei si trovano: basti pensare che vivono in case occupate.
 
«Il problema è che nel Comune di Firenze praticamente non esiste una fascia minima di esenzione dal pagamento della refezione e dei servizi extrascolastici». A fare il punto della situazione è Luca Toscano (Movimento di lotta per la casa). «Le famiglie in difficoltà però, se devono scegliere, preferiscono comprare i libri di scuola invece di pagare la mensa».
 
Peraltro, vivere in immobili occupati significa non avere la residenza, il che implica, a cascata, tutta una serie di conseguenze. «Tra cui l’impossibilità di iscriversi a scuola. Le famiglie devono litigare con i presidi e alla fine qualcuno accetta. Però la scuola può trovarsi anche molto lontano da dove i bambini abitano».
 
 

 

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