In Sicilia l’usura bancaria è un fatto di “ordinaria amministrazione”

Usura bancaria in Sicilia Nuovo caso di usura bancaria. Il protagonista è un imprenditore di Comiso (Ragusa) che è stato vittima di sconfinamenti fino al 453%. L’uomo si è accorto che qualcosa non andava quando ha visto crescere in modo anomalo le spese connesse ai crediti accesi con istituti come Intesa San Paolo, Banca Nuova e Compass.

La perizia effettuata da un consulente ha fatto emergere che si trattava effettivamente di un caso di illeciti bancari, il che ha fatto scattare l’incidente probatorio. La situazione per l’imprenditore era particolarmente grave, infatti rischiava di dover chiudere la propria attività.

Il Gip ha confermato l’accusa di usura a carico degli istituti di credito coinvolti; si aspetta quindi la decisione del Pubblico Ministero, che dovrà pronunciarsi circa il rinvio a giudizio dei presidenti dei consigli d’amministrazione delle tre banche.

Un anno vissuto pericolosamente per Banca Nuova e Intesa San Paolo

Nell’ultimo anno sono venuti alla luce svariati casi di usura bancaria, nell’isola. A giugno scorso, ad esempio, erano “balzati” agli onori della cronaca il presidente e il direttore dell’area commerciale di Banca Nuova. Per i due era stata chiesta una condanna di tre anni e tre mesi, mentre l’ex direttore generale, per il medesimo reato, si era già visto comminare una pena di otto mesi. L’indagine era partita dalla denuncia di una società che aveva visto applicare sui suoi conti tassi superiori alla soglia di massimo scoperto tra il 2009  il 2010.

Codacons ha poi supportato un imprenditore catanese gestore di un agriturismo nel ragusano. Anche lui era stato vittima, nel 2001, di tassi d’interesse considerevolmente superiori  a quelli fissati trimestralmente da Banca d’Italia. L’istituto di credito responsabile “dell’anomalia”, in questo caso, era Intesa San Paolo.

«Gli indagati avrebbero determinato e autorizzato l’applicazione di interessi usurari, superiori al tasso soglia, ai contratti di conto corrente accesi non impedendo, pur avendo l’obbligo giuridico di evitarlo, che fossero pretesi e applicati interessi usurari». Così Codacons. Dall’indagine condotta era poi emerso che l’imprenditore vantava un credito nei confronti della banca. Eppure, si era ritrovato iscritto in Centrale Rischi, con la conseguente compromissione e paralisi della propria attività.