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Le banche devono restituire gli interessi illegittimi incassati dal 1 gennaio 2014

I cittadini vincono un’altra battaglia della guerra all’anatocismo. Il Tribunale di Milano, con due distinti provvedimenti cautelari, uno del 25 marzo e l’altro del 3 aprile, ha vietato agli istituti di credito la capitalizzazione degli interessi sui conti correnti dal 1 gennaio 2014. Ciò significa che, a partire da questa data, le somme incassate attraverso tale pratica sono illegittime e vanno rimborsate su richiesta del correntista, con tutto quello che ne consegue in termini di ricalcolo.
 
A chiedere l’intervento del Tribunale di Milano era stato il Movimento dei Consumatori, già da tempo impegnato in prima linea sul tema. «Come emerso dalla nostra indagine di gennaio, tutte le banche, nonostante il divieto operi ormai da ben 16 mesi, hanno continuato ad applicare gli interessi anatocistici che per il 2014 hanno comportato l’addebito di interessi illegittimi stimati per tutte le banche italiane in oltre 2 miliardi di euro. Non potevamo star fermi, è partita la campagna ‘Stop Anatocismo’con le prime inibitorie». Così ha commentato Paolo Florio, coordinatore dell’Osservatorio Credito e Risparmio di MC.
 
 
 
Alessandro Mostaccio (segretario generale dell’associazione di tutela dei consumatori) ha sottolineato che una maggiore trasparenza è nell’interesse di tutti, e conviene a entrambi i “poli” del mercato del credito. «La nostra campagna inizia già a portare significativi risultati, proseguiremo con ogni iniziativa diretta ad assicurare la definitiva cessazione dell’anatocismo nei rapporti bancari. Invitiamo le banche a restituire gli interessi illegittimamente applicati nel corso del 2014 e il CICR a dare completa attuazione alla legge in tempi rapidi. Spero si rendano conto che è in gioco la credibilità del sistema bancario italiano».
 
I consumatori che vogliono chiedere la restituzione degli interessi anatocistici possono contattare il Movimento dei Consumatori all’indirizzo sosbanche@movimentoconsumatori.it
 

 

Sanatoria per dirigenti Equitalia decaduti? La giustizia accoglie ricorsi dei cittadini

Come spesso succede, quando la burocrazia sbaglia, tenta di risolvere tutto “mettendoci una pezza”. Così, dopo che circa 700 dirigenti di Equitalia sono stati dichiarati illegittimi, sembra che il Governo stia lavorando a una sanatoria. L’obiettivo, chiaramente, è quello di “blindare” gli atti firmati dai funzionari decaduti, visto che migliaia di cittadini si stanno preparando a presentare ricorso. Praticamente, come riassume Angelo Greco su La Legge Per Tutti, «un atto che mira a preservarne uno precedente che già era stato dichiarato incostituzionale: un pasticcio, come da migliore tradizione della pubblica amministrazione italiana, che prima calpesta i diritti dei cittadini, poi tenta di nasconderli (come nel caso di specie che, per anni, ha visto i vertici delle Entrate tacere lo “scandalo” dei falsi dirigenti) e infine, una volta scoperti, prova a sanarli facendosi scudo con il Parlamento».
 
Se la sanatoria verrà approvata, cartelle, ipoteche e iscrizioni a ruolo resteranno validi purchè provenienti all’ufficio competente ad adottarli. Il provvedimento potrebbe, peraltro avere efficacia retroattiva.
 
Intanto però, da Potenza arrivano due buone notizie per i contribuenti. La Commissione Tributaria Provinciale (sentenza n. 122/02/2015) ha infatti accolto la richiesta di annullamento di alcuni avvisi firmati da uno dei dirigenti decaduti. Inoltre, ha ripetuto che Equitalia ha l’obbligo di provare, attraverso congrua documentazione, la validità della procedura contestata, «attraverso l’esistenza di una valida delega a sottoscriverlo», come ha spiegato l’avvocato Alessandra Bellanca (Dipartimento di Tax Law dello Studio Legale Giambrone) al sito Live Palermo. 
 
«Tale onere della prova impone quindi all’Agenzia delle Entrate di depositare l’eventuale delega, qualora questa esista, agli atti del processo già al momento della costituzione in giudizio, mentre è preclusa la possibilità di poterla presentare tardivamente o durante l’udienza di discussione. Qualora si verifichi una di queste condizioni il contribuente vincerà il ricorso e l’accertamento verrà annullato».
 
 

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Taranto, la battaglia tra contribuenti ed Equitalia finisce 2 a 0

Un ritardo può costare caro. Generalmente sono i cittadini a farne le spese, è proprio il caso di dirlo. Stavolta invece è toccato ad Equitalia, che ha perso due cause e visto annullare il credito nei confronti di altrettanti contribuenti di Manduria. Entrambi hanno quindi ottenuto la cancellazione dell’ipoteca sui beni.
 
Notifica del pagamento inefficace senza prova di legittimità
Nel primo caso il Tribunale di Taranto si è pronunciato su un’intimazione relativa a un debito di 9.000 euro. La cartella non era stata sanata nei sessanta giorni previsti dalla legge, e, dopo anni, un cittadino si è visto notificare un avviso di pagamento. Equitalia però non aveva specificato il titolo esecutivo originario, e comunque non aveva effettuato l’esproprio entro il termine di un anno. Perciò, ha perso il ricorso.
 
L’ipoteca è nulla se il debito è caduto in prescrizione
Nel secondo caso la sentenza arriva dalla sezione Lavoro del Tribunale del capoluogo pugliese. Questo ha cancellato il credito di Equitalia in quanto le cartelle sono state recapitate al contribuente quando erano ormai trascorsi i termini di prescrizione. Nel caso specifico, oltre i 5 anni previsti per debiti relativi a contributi previdenziali.