Si è definito nei giorni scorsi un nuovo capitolo sul tema dell’illecita iscrizione in Centrale Rischi e delle conseguenze per chi la effettua. La Corte di Cassazione si è espressa con la sentenza n.1931 del 25 gennaio, puntualizzando anche l’approccio da assumere nei confronti di un’eventuale richiesta di risarcimento danni.
All’origine di tutto, la vicenda che ha visto coinvolto il titolare di uno studio professionale, contrapposto in giudizio a un istituto di credito con cui aveva avuto rapporti finanziari, e alla Banca d’Italia. In quest’occasione il cittadino aveva chiesto l’eliminazione dei suoi riferimenti dalla Centrale Rischi, trattandosi, a suo dire, di un’azione priva di fondamento. Contestualmente aveva preteso anche il rimborso di danni e spese.
Il primo e secondo grado di giudizio hanno visto il rigetto delle istanze dell’uomo, adducendo quale motivazione il fatto che la segnalazione in CR era scattata quando non era più riuscito a pagare, o lo aveva fatto parzialmente.
A quel punto la Cassazione ha ribaltato le precedenti pronunce, sottolineando che la segnalazione a sofferenza era avvenuta impropriamente, ovvero senza che venisse precedentemente monitorata la globale condizione dell’utente. Infatti, l’iscrizione ha come presupposto cardine una grave e non passeggera situazione finanziaria. Il trattamento dei dati personali è stato bollato come illegittimo e la Banca d’Italia è stata costretta a cancellare il nominativo dalla Centrale Rischi. Quanto alla richiesta risarcimento però, il richiedente è rimasto a bocca asciutta


Molto rumore per nulla. A distanza di alcuni mesi dal suo annuncio, si staglia sempre più netta la consapevolezza che la definizione agevolata delle cartelle esattoriali non sarà, in molti casi, la soluzione ai problemi finanziari dei contribuenti. E questo non solo per la mole di imposte da sborsare, ma anche e soprattutto perché l’Agenzia di Riscossione non sembra particolarmente interessata a migliorare efficienza e qualità del servizio, ma unicamente a fare cassa. Non importa come. Da qui derivano episodi di ordinaria mala amministrazione quali quelli raccontati dalla stampa nei giorni scorsi. Il primo si è verificato a Trecenta (Rovigo), dove un 60enne si è visto recapitare un avviso di pagamento per un importo di 165 euro e 45 centesimi. Quattro anni fa, per un errore nella compilazione del bollettino di una multa, aveva versato 10 centesimi in meno del dovuto, pur onorando il suo debito nei 5 giorni previsti.