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Cartelle esattoriali per 500mila euro. Ma ha chiuso l’attività nel 2000

Cartelle esattoriali per 500mila euro Cartelle_Esattoriali_Per_500mila_euro

Equitalia non ti lascia mai. Neanche dopo che vai in pensione. Sembra la trama di un episodio della saga fantozziana, e invece è successo davvero. 
 
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La notizia arriva da Venezia, appena qualche giorno fa. Un’ottantenne si è vista recapitare ben 45 cartelle esattoriali nonostante abbia chiuso la sua attività da 15 anni
 
Il debito, vecchio di ormai quasi 30 anni, a seguito della maggiorazione di mora e altre voci di spesa, ha toccato e superato i 500.000 euro
 
La donna, incredula, non ha potuto fare altro che contattare l’ufficio legale dell’Associazione Difesa Consumatori. «Quando ho aperto la busta, ho rischiato di restarci secca. Mi son ritrovata davanti una sfilza di cartelle esattoriali risalenti al periodo tra il 1989 e il 2012; gli importi vanno da 350 a 102.000 euro. Gran parte degli avvisi di pagamento sono stati emessi dall’INPS, i restanti dalla Camera di Commercio
 
Ma qual è stata la reazione di Equitalia? Si è scusata della svista? Niente affatto. Gli impiegati si sono limitati a far presente alla pensionata la possibilità di “spalmare” il debito in singole rate
 
Dal canto suo, la prima mossa di Adico sarà opporre all’ingente (presunto) credito la prescrizione, che interviene per le cartelle che hanno più di 15 anni, e chiedere la cancellazione delle altre. 
 
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«Evasione di sopravvivenza». Vittoria dell’imprenditore creditore dello Stato

I piccoli e medi imprenditori italiani lo sanno bene. Di tasse si può morire, anche letteralmente. Fortunatamente, però, la giustizia sa essere anche a “misura d’uomo”, come dimostrano alcune recenti pronunce.  L’ultima in ordine di tempo proviene dalla Cassazione che ha rovesciato una sentenza del Tribunale di Pescara. Quest’ultimo aveva disposto il sequestro dei beni di una società edile rea di non aver pagato l’IVA.
 
L’imprenditore Corrado C. ha opposto ricorso motivato. L’azienda doveva sì versare circa 200.000 euro, ma vantava crediti pregressi verso lo Stato mai riscossi.
 
«Tutti gli elementi a discarico sono stati ignorati dal Tribunale, che non ha neppure spiegato le ragioni poste a sostegno della propria decisione». Così la Cassazione.  L’imprenditore aveva percorso tutte le strade possibili per chiarire la sua posizione e risolvere la controversia ma, dall’altra parte, aveva trovato, praticamente un muro. Eppure sarebbe bastato applicare un semplice ma intuitivo principio contabile (e di buon senso). Sottrarre dai crediti dello Stato i debiti di quest’ultimo, e verificare se il risultato ha davanti il segno più o meno.  
 

 

Compra casa all’asta ma non gli danno le chiavi. «È ancora occupata»

Aggiudicarsi un immobile a seguito di vendita giudiziaria non sempre significa fare un affare. Anzi, a volte, l’acquisto “cela” un bidone, spesso scoperto solo a posteriori, come nel caso che ha visto protagonista un lucchese.
 
A inizio luglio l’uomo visiona un appartamento che di lì a qualche giorno sarebbe stato oggetto d’asta. Insospettito dalla presenza di mobili all’interno dei locali, chiede informazioni al tecnico. Questo lo rassicura. «Prima ci viveva una famiglia di marocchini. Ora comunque sono andati via».
Dopo essersi aggiudicato l’asta, il lucchese chiede di avere le chiavi. la controparte però temporeggia. A Ferragosto alcuni conoscenti lo avvisano del fatto che l’appartamento è occupato. Con suo grande stupore scopre che si tratta del marocchino che aveva abitato lì, e che ci è tornato proprio grazie all’istituto che si era occupato della vendita giudiziaria. 
«Quindi io che ho pagato l’appartamento le chiavi non le avevo , mentre a lui le chiavi le avevano date. Ma tutto questo, mi chiedo, è regolare?». L’auspicio è che, chi di dovere, risponda al più che legittimo sfogo dell’uomo. 
 

 

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