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Omessi pagamenti IVA e INPS: chi beneficia della sanatoria?

Hai dei conti in sospeso con lo Stato per mancati versamenti? Il decreto sulla delega fiscale ha innalzato le soglie di punibilità, e questo si traduce in una sanatoria dei procedimenti penali già aperti. Vediamo, in dettaglio, come cambiano gli importi suscettibili di reato
 
In caso di omesso pagamento dell’IVA, il tetto  passa da 50 a 250mila euro,. Per quanto riguarda le ritenute invece, la soglia sale a 150.000 euro. Stesso discorso per la cosiddetta dichiarazione infedele (a fronte di un valore d’imponibile evaso inferiore ai tre milioni). L’importo sopra il quale s’incorre in reato è, infine, di 50.000 euro, se si tratta di indebite ritenute per crediti inesistenti.
 
Perciò, i contribuenti che a oggi hanno un procedimento aperto e/o concluso o ancora impugnabile beneficeranno del provvedimento, in applicazione del principio del favor rei. Questo sancisce infatti che, se viene cancellata una norma esistente e sostituita con una più recente, prevale quella più clemente nei confronti del colpevole. 
 

 

La burocrazia è nel torto ma continua perseguitarti? Hai diritto al risarcimento

Equitalia a volte è come un ex trasformatosi in stalker. T’insegue, ti bracca, ti toglie il sonno. La faccenda, già angosciante di per sé, ha perfino ulteriori margini di peggioramento. Un esempio su tutti: i famigerati scambi di persona. Un’omonimia può fare la fortuna … o precipitarvi all’inferno. È successo a Luigi, nativo della Campania ma emigrato in Belgio da ormai 40 anni. Ciononostante, l’Agenzia di Riscossione sembra non volersi rassegnare al necessario “divorzio” dal contribuente, e imperterrita continua a notificargli bollette e cartelle esattoriali, direttamente al suo nuovo indirizzo. Incredibile come, a volte, le distanze geografiche vengano azzerate in un lampo.
 
Ora che l’uomo ha scoperto cosa c’era all’origine di tutto potrebbe però rivalersi sullo Stato italiano. La sentenza n. 3284/2015 emessa dalla Commissione Tributaria Regionale di Roma va infatti in suo soccorso. Questa sancisce infatti che, quando Equitalia o l’Agenzia delle Entrate restano sorde alle richieste del cittadino e mantengono la propria linea di comportamento, nonostante sia palesemente errata, devono rimborsarlo delle spese derivanti il processo intrapreso. 
 
Peraltro, per far scattare il diritto al risarcimento del contribuente, è sufficiente che l’Agenzia di Riscossione o quella delle Entrate abbiano agito con scarsa attenzione e con negligenza. Non è quindi necessario vi sia dolo, ovvero l’effettiva intenzione di provocare un danno.
 

 

Contribuenti – Equitalia 1 a 0. Da oggi si possono impugnare anche estratti di ruolo

Tradizionalmente demonizzati dall’opinione pubblica e costretti tra l’incudine e il martello (pagare i dipendenti o star dietro alle scadenze dell’Inps?), finalmente, negli ultimi mesi, gli imprenditori cominciano a vedere riconosciute le loro ragioni. Stanno infatti arrivando, da svariati tribunali d’Italia, sentenze che accolgono le loro rimostranze nei confronti dell’operato, a volte alquanto pressappochista, di Equitalia. Il 2 ottobre è stato il turno della Campania, dove un fabbro aveva contestato l’estratto di ruolo che lo “condannava” al pagamento di circa 700.000 euro, tra sanzioni e relativi interessi. La vera novità, che potrebbe rappresentare da qui in avanti un precedente per altri contribuenti, è costituita dal fatto che la Corte Suprema ha sancito l’impugnabilità di tale documento (sentenza numero 19704). Questa, in pratica, è un’ulteriore arma di difesa per il cittadino.
 
Finora era possibile impugnare solo le cartelle esattoriali. Così, i malcapitati che per un qualsiasi motivo non le ricevevano, venivano informati della propria posizione debitoria solo dopo essersi recati fisicamente presso Equitalia e aver richiesto l’estratto di ruolo (il cartaceo riepilogativo delle somme dovute e di quelle in credito). 
 
A quel punto, si ritrovavano però con le mani legate, in quanto erano costretti ad aspettare il pignoramento o il fermo amministrativo dei beni, per presentare opposizione. Perciò, spesso l’Agenzia di Riscossione infarciva gli estratti con le cosiddette cartelle fantasma.
Peraltro, da qui in avanti l’onere della prova spetterà proprio a Equitalia e non al debitore. 
 
 
 
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