Il rimborso di un prestito, spesso, ricorda certe storie d’amore che sembrano uscite da un film
In entrambi i casi, il tormento e l’adrenalina sono direttamente proporzionali alla durata. Anni ed anni trascorsi ad arrovellarsi, ingegnarsi in mille modi per far quadrare i conti del bilancio familiare, per poi tirare un sospiro di sollievo lungo un battito di ciglia. Chè la scadenza della prossima rata è già dietro l’angolo…
Che succede però, se, per un insperato colpo di fortuna, ricevi un sostanzioso bonifico sul tuo Iban (bonus dal datore di lavoro, eredità, rimborso da detrazioni…)? Probabilmente, la prima domanda che ti porrai, sarà: “posso estinguere in anticipo il finanziamento, e liberarmi da un peso?”. La risposta è sì.
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Tanto per cominciare, è consigliabile accertarsi di qual è l’importo ESATTO che bisognerà restituire all’istituto di credito/finanziaria, onde evitare una doccia fredda, o che il proprio buon proposito venga drammaticamente stroncato.
L’estinzione anticipata del prestito comporta il rimborso del capitale e degli interessi che devono essere versati entro la naturale data di scadenza del contratto. Questo importo dovrebbe essere aggiornato periodicamente all’interno del prospetto dello stato del finanziamento contenuto nel contratto.
Conviene usufruire di questa opportunità nella fase iniziale di rimborso del prestito, in quanto la mole di interessi da pagare è ancora cospicua. Specularmente, quando la restituzione è in fase avanzata il risparmio, a conti fatti, rischia di essere minimo o, addirittura, non esserci.
Quali spese vengono rimborsate?
La sentenza Lexitor (settembre 2019) ha segnato un punto di svolta (a favore del cittadino), in quanto la Corte di Giustizia Europea ha dichiarato che la banca o la finanziaria erogante devono restituire NON SOLO i costi correlati alla durata del finanziamento, MA ANCHE quelli indipendenti da tale parametro (spese di gestione pratica, mediazione, istruttoria). Niente da fare, invece, per le imposte.
Generalmente l’importo restituito è compreso tra 1.000 e 2.500 euro.
La redazione

Sì, perché ogni provvedimento è frutto anche – anzi, soprattutto – del contesto storico in cui nasce. E da cui, inevitabilmente, dipendono, almeno in parte, temi e questioni reputati prioritari dalla classe politica. Non è un caso, quindi, che la legge sul sovraindebitamento, anche detta legge salvasuicidi, abbia visto la luce all’indomani di due periodi di profonda crisi economica e produttiva. Rispettivamente, quella del 2008 e del 2011.
Infatti, ogni giorno, da un capo all’altro dell’Italia, migliaia di contribuenti ricevono avvisi di pagamento spesso dagli effetti deflagranti, dal punto di vista economico, professionale e familiare. Veri e propri fulmini a ciel sereno che scatenano un misto di panico, incertezza e angoscia, retroattiva e futura. “Da dov’è saltata fuori?”, si chiede il malcapitato, rovistando tra i cassetti della memoria alla ricerca di una risposta (“forse ho dimenticato di pagare la tassa sulla spazzatura? O era una multa?”), senza ricevere aiuto o delucidazioni dal soggetto che ha bussato alla porta per riscuotere. Vale a dire, il Fisco.