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Azienda liquidata all’asta, ora in vendita su Internet

Le aste giudiziarie sono spesso, per gli speculatori, l’occasione ideale per far soldi. Quale momento migliore, infatti, per acquistare immobili di prestigio a prezzi irrisori e rivenderli a cifre ben più alte? L’ultimo esempio, in ordine di tempo, arriva dalla Sardegna.  A due mesi dallo sgombero forzato eseguito dalle forze dell’ordine, l’azienda della famiglia Spanu di Arborea (Oristano) è “approdata” su un sito di annunci.
 
360mila euro. A tanto ammonta il prezzo indicato. Il doppio di quanto pagato dall’imprenditore di Cagliari che ha vinto l’asta giudiziaria, ma comunque un importo ben più basso dell’effettivo valore. A scoprirlo, il deputato di Unidos Mauro Pili, che ha definito la vicenda «una vera e propria truffa con lo Stato vergognosamente complice di una speculazione ignobile. Una famiglia portata via di peso dalla propria casa da un esercito di Stato in tenuta antisommossa, elicotteri, mezzi blindati, prefetti e questori in tutta la loro arroganza e ora la vendita dell’azienda ad un prezzo più che doppio rispetto a quello dell’asta di Stato. Alla luce di questo epilogo, deve essere avviata un’indagine ministeriale che spieghi e giustifichi i costi dell’operazione per il drammatico sfratto della famiglia Spanu di Arborea. Nemmeno per fronteggiare i terroristi dell’Isis si era visto un dispiegamento così imponente di forze dell’ordine». 
 

 

«Equitalia sbagliò». Intanto l’azienda è fallita

Tre anni fa una cartella da 200 milioni di euro manda gambe all’aria uno dei principali gruppi industriali friulani. Oggi si scopre che il procedimento era illegittimo. È successo a Bernardi, leader nel settore tessile. La Commissione Tributaria Regionale di Napoli ha infatti annullato la richiesta di versamento Iva e Irap che aveva impedito il salvataggio da parte del Gruppo Coin. E ora a chiedere i danni potrebbe essere proprio Bernardi.
 
I guai erano cominciati a causa di Life connection, società acquisita dal gruppo friulano. Questa aveva spostato la sua sede da Napoli a Barcellona attirando l’attenzione degli inquirenti per “frode dei crediti tributari”. Tuttavia, non riuscendo a notificarle l’atto, Equitalia si era rivolta a Bernardi, a cui però l’avviso di pagamento non è mai arrivato. Ciò ha reso, nei fatti, praticamente impossibile intraprendere una qualsiasi difesa, annullando la cartella.
 
Inoltre, l’assicurazione garante della Bernardi aveva già pagato circa 17 dei 200 milioni “dovuti”. Cifra di cui ora, probabilmente, si chiederà il risarcimento.
 
 

Pesaro, dovevano 30 milioni di lire nel 1980. Oggi diventano 200mila euro

Quando i debiti invecchiano, si appesantiscono. E a volte diventano vere e proprie zavorre. Ne sanno qualcosa due anziani pensionati di Pesaro che si sono visti presentare un “conto” da 200.000 euro, a fronte di un importo di 30 milioni di lire risalenti a 35 anni fa.
 
All’epoca la coppia aveva acceso un mutuo per comprare casa. Dopo non aver pagato alcune rate, la banca si era rivalsa attraverso la vendita all’asta, conclusa dieci anni fa. Intanto, il debito da 30 milioni era “passato” ad alcune agenzie finanziarie, gonfiando l’ammontare complessivo. All’origine di tutto, una svista clamorosa. Nell’atto di pignoramento infatti, la cifra indicata era 300 milioni. 
 
I due anziani erano all’oscuro di tutto, fino a quando, nelle scorse settimane, si sono visti notificare il blocco di un conto corrente postale e il pignoramento di un quinto della pensione
«Abbiamo avuto contatti poche ore fa con gli avvocati dell’istituto finanziario per arrivare ad una rinuncia della pretesa creditizia nei confronti della coppia che ha pagato 35 anni fa quel debito con la vendita della loro casa. Speriamo di chiudere prima dell’udienza questa storia incredibile». Così l’Anmic, il patronato a cui i due anziani, comprensibilmente angosciati, si sono rivolti.