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Addebito imprevisto sul conto, banca condannata a risarcire

La banca addebita 1.500 euro sul conto corrente di una azienda per il rinnovo dei fidi, ma non lo poteva fare e il giudice di pace ha condannato l’istituto a risarcire sia quella somma, che gli interessi e le spese legali: in tutto 3mila euro.

I fatti risalgono al settembre del 2011.
Quando l’azienda Ti Line di Recanati, che si occupa di taglio e termoformatura di plexiglass, si è trovata un addebito imprevisto sul conto corrente, aperto da oltre vent’anni, che aveva aperto alla Bcc di Recanati e Colmurano. Erano 1.500 gli euro che la banca aveva addebitato sul conto della Ti Line.

Quando i titolari dell’azienda hanno chiesto spiegazioni, la risposta ottenuta dalla banca è stata che si trattava del costo relativo al rinnovo dei fidi, che avveniva in maniera automatica. A quel punto l’azienda si è rivolta ad uno studio di professionisti esperti in anomalie bancarie lamentando di non avere stipulato alcun contratto in cui si parlava di rinnovo di fidi e di una somma che c’era da versare. Lo studio ha prima tentato di ricorrere alla mediazione.

 

Ma all’udienza i rappresentanti della banca non si sono presentati. E così, in seguito, la vicenda è finita davanti al giudice di pace di Recanati. Che ha condannato la banca a risarcire il cliente. “Il giudice ha ordinato la restituzione della somma, perché la banca non aveva comunicato alla Ti Line che avrebbero dovuto pagare quei 1.500 euro, e sono stati addebitati ai miei clienti indebitamente.

Azienda di Macerata vince contro la banca il giudice: «Tassi usurai» e restituisce 88mila euro

Ottantottomila euro. A tanto ammonta la cifra che una banca aveva chiesto ad una azienda della provincia di Macerata in più rispetto a quello che in realtà avrebbe dovuto restituire. 
Si tratta di «tassi usurai», che avevano fatto impennare la pendenza economica della ditta nei confronti dell'istituto di credito. Sono sempre di più le aziende e i privati che finiscono ingoiati dai debiti nei confronti delle banche, ma da qualche tempo a questa parte si è squarciato il velo che copriva le ragioni di tante situazioni difficili e di tanti casi di indebitamento.
 
La cosiddetta «usura bancaria» è venuta alla ribalta di recente in conseguenza della sentenza 350 del 9 gennaio 2013 della Corte di Cassazione, che ha previsto in tema di mutui la nullità del contratto laddove ci siano fenomeni di usura. 
 
Ad una azienda di Macerata una banca aveva chiesto di rientrare per 191 mila euro. Il titolare si è rivolto ad un professionista esperto di materia bancaria anti-usura e subito ha chiesto una perizia tecnico contabile. Hanno fatto opposizione al decreto ingiuntivo e al termine di questa causa, davanti al Tribunale di Macerata, il consulente tecnico nominato dal giudice Pietro Merletti ha verificato che ben 88mila euro di questi 191 che la banca pretendeva in restituzione non erano dovuti proprio perché il conto era in usura. Non è infrequente verificare degli sforamenti del tasso soglia anche del cento per cento del tasso di interesse massimo». L'azienda ha dovuto restituire quindi solo 103mila euro.
 
L'usura bancaria si verifica laddove i tassi di interesse convenuti, insieme ai tassi di mora, e altre spese che correntemente vengono addebitate al consumatore, le commissione di massimo scoperto le varie spese generiche, comportano uno sforamento del tasso soia che viene indicato dalla Banca d'Italia ogni tre mesi. 
Se si verifica questo sforamento - spiega un legale - il contratto è in usura, che a sua volta comporta la nullità del contratto e la restituzione degli interessi pagati indebitamente e quindi percepiti indebitamente dalla banca». Diverse aziende e privati si rivolgono a professionisti esperti in materia usura bancaria per avere chiarimenti sul contratto di mutuo per l'acquisto della prima casa.
 
Il correntista è l'anello debole di tutta questa vicenda. La banca che decidesse di risolvere un rapporto metterebbe in ginocchio sia un'impresa sia un privato. Molti di questi soggetti evitano una qualsiasi azione seppur esplorativa nei confronti della banca per il timore di eventuali ritorsioni.

Codacons denuncia commissione istruttoria veloce tra i balzelli più assurdi

Sui conti correnti bancari, senza attivazione di fidi, basta andare in rosso per un solo giorno che l’istituto di credito può applicare una commissione, detta di istruttoria veloce, che può arrivare fino a ben 50 euro. In materia di conti correnti bancari proprio la commissione di istruttoria veloce risulta essere, di conseguenza, tra i balzelli più assurdi.
 
A ribadirlo è stato il Codacons dopo aver appreso che nella giornata di ieri l’Antitrust, Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, ha aperto un procedimento a carico del Consorzio Bancomat sulle commissioni interbancarie applicate dallo scorso mese di gennaio del 2014 sul pagamento di fatture commerciali e bollette. Rivolgendosi al nuovo Governo Renzi, l’Associazione ritiene che si debbano adottare provvedimenti, a costo zero per lo Stato, che permettano maggiore concorrenza e dinamismo di mercato nel settore bancario come in quello dei servizi di pagamento.
 
Questo perché è difficile portare avanti la lotta contro l’uso del contante quando poi si applicano balzelli vari sui bonifici, sulle scoperture temporanee e sulle carte di credito tra canoni e costi di gestione e di utilizzo.
 
Il Codacons ricorda che per liberalizzare realmente il mercato bancario c’è ancora molto da fare visto che secondo l’Associazione e non solo le famiglie e le imprese pagano di più rispetto al resto d’Europa per usare il Bancomat, per il conto corrente ed anche per i mutui ed i prestiti a causa di interessi passivi applicati sopra la media Ue.
 
 I costi bancari elevati su tutta la linea, ricorda altresì il Codacons, rappresentano un freno allo sviluppo dell’economia italiana in quanto pesano sulle tasche delle famiglie ma penalizzano anche le imprese.