Il Coronavirus ha permesso la “riscossa” dell’online
Lezioni, concerti, videochiamate sono strumenti di primo piano, oggi, ma già in precedenza molti ne avevano riconosciuto la preziosità complementare rispetto agli eventi faccia a faccia. I pagamenti elettronici, invece, erano guardati con scetticismo, se non sospetto da un’ampia fetta di popolazione. L’impossibilità di uscire da casa li ha resi però indispensabili.
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Questo ha reso evidente l’utilità del conto corrente, a dispetto dei luoghi comuni che lo dipingevano come una zavorra, qualcosa di inutile, o meglio utile solo (alle banche) per drenare soldi dai clienti sotto forma di costi di tenuta e interessi. Tuttavia, mentre l’opinione pubblica è inevitabilmente sotto scacco, a livello emotivo e produttivo, un’altra tegola potrebbe cadere.
Rispondendo ad un’interrogazione del senatore Armando Siri nell’ambito della Commissione Finanze del Senato, il Sottosegretario all’Economia Villarosa ha spiegato che gli istituti di credito possono chiudere i conti correnti senza darne preavviso ai clienti. La decisione può essere assunta unilateralmente, a condizione però, che derivi da motivazioni sufficientemente gravi, ad esempio, illeciti di carattere penale.
Sono a rischio, ad esempio, i correntisti che hanno messo in circolazione assegni cosiddetti a vuoto, ovvero, per cui non disponevano della necessaria copertura, e che sono indagati dalla Guardia di Finanza o dalla Procura della Repubblica.
Che fare, quindi, se la banca, di colpo, “chiude i rubinetti”? Ci sono 15 giorni di tempo per espletare le procedure burocratiche di chiusura del conto, che culminano con l’emissione da parte dell’istituto di un assegno circolare a rimborso della somma giacente sull’IBAN. Il brutto è che contestualmente viene inoltrata al CRIF una segnalazione a cattivo pagatore, e parte il circolo vizioso di cui abbiamo parlato in molti nostri articoli e video..
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La redazione

Così, i contribuenti indebitati, che temevano di veder piombare sulle loro teste la scure del “drenaggio a monte” di stipendio o pensione, possono tirare un sospiro di sollievo. L’ennesimo, ad “orologeria”: l’esproprio infatti è congelato fino al 30 aprile 2021. Dal 1° maggio, Festa dei Lavoratori, per una beffarda coincidenza, il creditore potrà tornare alla carica e pretendere le somme pendenti. Il “limbo debitorio” è iniziato il 2 marzo 2020, in concomitanza con l’esplosione della pandemia.
Il provvedimento appena varato, infatti, mette a disposizione contributi a fondo perduto per l’anno in corso destinati a titolari partita Iva residenti in Italia, che gestiscono un’azienda, praticano un’arte, una professione o operano nel comparto agricolo.