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Messa in mobilità, la banca usuraria pretende anche il suo Tfr

Essere vittima di usura, e vedersi negare anche i propri diritti di lavoratrice. Un incubo nell’incubo, insomma. E’ successo ad Adriana Curatola, dipendente in mobilità dell’azienda Tecno Spa di Gualtieri (Reggio Emilia), a cui nei giorni scorsi è stata recapitata una raccomandata da Barclays. Senza troppi giri di parole, la banca ha infatti dichiarato il suo diritto a incassare il trattamento di fine rapporto della donna, fino al rimborso completo del credito vantato nei suoi confronti. 
 
«I conti non tornano»
 
Adriana Curatola ha lavorato per anni alle dipendenze della ditta emiliana, fino a quando è stata messa in mobilità «a causa del perdurare della negativa situazione di mercato». Intanto però, aveva iniziato a rimborsare il prestito ricevuto da Barclays, nonostante questo non fosse propriamente a norma di legge. Al contrario, spiega Wally Bonvicini, (presidente e fondatrice di Federitalia) questo era stato stipulato a «condizioni vessatorie e usurarie». 
Molte le anomalie riscontrate. «Intanto la somma finanziata dalla banca era di 32.000 euro, ma ne sono stati erogati solo 21.000 perché il resto era per le spese. Ad oggi, poi, Angela Curatola ha restituito 19.851 euro di capitale e 5.981 di interessi. Nonostante la signora abbia già restituito 25.000, però, Barclays afferma che dovrà darne altri 17.000. Non ci vuole un esperto in matematica finanziaria per capire che questi calcoli sono da usurai».
Così, l’istituto di credito è stato denunciato per usura e tentata estorsione, ed al’azienda è stato chiesto di non cedere a questo il Tfr della donna. Peraltro, se lo facesse, sarebbe responsabile per gli stessi capi d’imputazione.
 
«Nei mesi scorsi denunciata un’altra importante banca per gli stessi reati»
 
A ottobre scorso Angela Curatola e il marito avevano rischiato di vedersi pignorare la casa dopo aver interrotto il rimborso di un mutuo acceso con un altro istituto. Anche in quel caso i tassi praticati si erano rivelati illegittimi. 
«Ricordandosi quell’esperienza –prosegue Wally Bonvicini – è corsa subito da noi e, dopo averci esposto il suo problema, è uscita di qui molto serena. Il suo pensiero, tuttavia, è andato a tutti quelli che non sanno che esistono strumenti per opporsi alle banche. Spero che in tanti leggano la sua storia e che il passaparola possa aiutare chi, come Adriana e suo marito, è vessato ingiustamente dalle banche».
 
 

 

L’amara beffa dei tassi usurari

Tassi usurai l'amara beffa delle banche 

Tassi_Usurai

Il conflitto d’interessi c’è e si vede. Si può riassumere così il metodo attraverso cui vengono determinati i tassi soglia, fondamentali per stabilire se la banca a cui abbiamo richiesto un prestito sta praticando dei tassi usurari. Ma andiamo con ordine.

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 Il TEGM (Tasso Effettivo Globale Medio) è il valore medio del tasso d’interesse applicato dagli istituti di credito a gruppi omogenei di operazioni (crediti personali, leasing, mutui). 

Partendo da questo, mediante apposita formula, vengono calcolati e pubblicati trimestralmente i relativi tassi soglia, che rappresentano il tetto massimo oltre il quale sussiste usura bancaria

Disattiva per: inglese

Ma chi determina tale formula e come? 

A occuparsene è la Banca d’Italia, istituto di diritto pubblico costituito da partecipazioni pubbliche e private. 

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Nello specifico, Inps e Inail sono al 5,66%. Banche e assicurazioni private arrivano al 94,33%, e in pole position troviamo i soliti noti: Intesa, MPS, Generali e Unicredit.

Tirando le somme, per determinare e perseguire il reato di usura bancaria è necessario conoscere i relativi tassi soglia, determinati proprio da chi è “candidato” a compiere l’illecito. In parole povere, il classico cane che si morde la coda.

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La redazione 



«Grazie a me, i cittadini pagano meno tasse. Ma lo Stato mi commissaria»

Imu, Tasi, Tari. Le spese con cui gli italiani devono fare i conti sono talmente tante, e non sempre utili, che malumore e scetticismo dei più sono ormai un dato di fatto. Evidenti al punto da risultare, forse, scontati. Tuttavia, non sempre si riesce a passare dalla critica fine a sé stessa all’alternativa concreta, e spesso il sentimento generale si cristallizza nella pura e semplice polemica, nella chiacchiera da bar. Matteo Camiciottoli, sindaco di Pontinvrea, (850 abitanti in provincia di Savona), ha dimostrato invece che trasformare le parole in fatti è possibile … e che fa risparmiare anche un sacco di soldi.

Il primo cittadino del comune ligure è infatti riuscito nell’impresa di non far pagare ai residenti né l’Imu, né la Tasi sulla prima casa, né la Tari potenziando la raccolta differenziata, che è balzata dal 20 al 64%. «Così risparmiamo 30 mila euro all’anno e non abbiamo bisogno di chiedere altri soldi alla gente», spiega Matteo Camiciottoli. E questo ha permesso a Pontinvrea di avere un avanzo di bilancio pari a 45.000 euro su un totale di un milione.

«La prima casa è un bene intoccabile. Tassarla è incostituzionale»

Ma questo non è l’unico fronte che vede impegnato il sindaco. Il Comune prende parte infatti a una causa contro la Presidenza del Consiglio e il Ministero degli Interni che mira a dichiarare incostituzionale la tassazione della prima casa. La prima udienza è prevista per marzo a Genova.  Chi vuole partecipare può farlo scrivendo una mail all’indirizzo ripartiamoinsieme@libero.it. «Tutte le adesioni raccolte saranno inviate a Napolitano, Renzi, ai presidenti delle due Camere e a tutti i capigruppo di partito. Non mi aspetto che a Roma ne tengano conto, ma almeno abbiano chiaro che i cittadini, vessati su un bene intoccabile come la propria casa, non possono continuare a essere spremuti a livelli insostenibili».

«Accorpamento? No grazie. Meglio un consorzio di Comuni»

Intanto, a breve farà “visita” a Pontinvrea un commissario prefettizio, chiamato a far rispettare l’obbligo di unione con altri comuni vicini, allo scopo di «associare le funzioni amministrative, dall’anagrafe alla ragioneria».  La “fusione” è prevista dal Decreto Delrio, che indicava come termine ultimo per aderire il 30 dicembre scorso. Ma Matteo Camiciottoli non ci sta, e spiega perché: «le unioni consociate smontano poteri e funzioni dei paesi con problemi di gestione, risorse e costi aggiuntivi, come riferito dalla Corte dei Conti in audizione alla Camera. Il progetto viola l’articolo cinque della Costituzione. Essendo inemendabili i primi dodici punti della Carta costituzionale, i nostri legali sono pronti a ricorrere al Tar». D’altra parte, prosegue, il dubbio di molti è che l’accorpamento sia più che altro uno strumento per sottoporre, ancora una volta, il territorio al controllo della politica. Qual è quindi l’alternativa, secondo il sindaco? Consorziarsi «per offrire servizi meno cari, come mense o scuolabus».

 

 

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