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Rimborso sette anni di tassi interessi. Così Corte Appello Milano

Più che di stabilità, il mutuo è spesso sinonimo di incertezze e notti insonni

Clausole-vessatorie-mutui

Basti pensare alla girandola di eventi negativi che hanno colonizzato le nostre vite negli ultimi due anni e mezzo. Una pandemia ed i suoi dolorosi strascichi, la guerra in Ucraina, i rincari da capogiro in bolletta…

A tutto questo si sono aggiunti più recentemente i rialzi dei tassi d’interesse, che stanno influenzato il comportamento e le scelte di chi è intenzionato a comprare casa. Senza contare che molte famiglie che già avevano in corso un mutuo, si sono ritrovate costrette a saltare una o più rate.

La sentenza n.2836 emessa il 6 settembre 2022 dalla Corte di Appello di Milano rappresenta quindi un felice fulmine a ciel sereno.

Il provvedimento, infatti, sancisce che i mutuatari che sono stati sottoposti dal 2015 al 2022 a clausole contrattuali definite vessatorie hanno diritto al rimborso degli interessi pagati nell’intero periodo.

Perché la Corte d’Appello di Milano si è pronunciata?

La sentenza è scaturita dalla necessità di definire la liceità della cosiddetta clausola floor, che rientra nel novero delle clausole vessatorie e che purtroppo viene spesso proposta in caso di mutuo a tasso variabile.

Tale denominazione deriva dal fatto che si tratta di condizione vantaggiose per gli istituti di credito, che non a caso le inseriscono nei contratti di mutuo. Spetta poi ai mutuatari pagarne lo scotto.

Ma come viene definita una clausola vessatoria? A connotarla è il fatto di determinare un significativo squilibro tra banca e mutuatario in termini di diritti e doveri.

La sentenza n.2836 della Corte d’Appello di Milano ha peraltro stabilito che, in virtù della natura vessatoria della clausola floor, l’istituto di credito, prima della sottoscrizione del contratto, deve fornire al cliente un’informativa ad hoc, ed ottenere da lui un altrettanto specifica sottoscrizione per presa visione.

La redazione

 

Pignoramento conto: quali sono gli obblighi del creditore?

In caso di debiti possono essere aggrediti depositi di qualunque natura e presso qualunque istituto di credito?

Pignoramento-conto-correnteNon c’è una risposta univoca, perché a entrare in gioco sono molteplici fattori, tra cui la tipologia di creditore, ed il modo in cui si è originato il deposito.

Qualche esempio pratico: le polizze vita NON possono essere aggredite, mentre titoli di Stato, obbligazioni, azioni, ed il contenuto di eventuali cassette di sicurezza sì.

Debiti: quando il pignoramento non è ammesso

Le categorie reputate meritevoli di tutela dall’ordinamento giuridico sono lavoratori dipendenti e pensionati. Nel loro caso, infatti, il creditore può richiedere il pignoramento solo se sul conto corrente è depositato un importo superiore all’assegno sociale moltiplicato per tre.

In caso contrario non è possibile rivalersi sull’IBAN dove viene accreditato lo stipendio o la pensione.

L’assegno sociale relativo al 2022 ammonta a 460,42 euro, quindi l’eventuale pignoramento è ammissibile solo se il deposito supera 1381,26 euro.

Per quanto riguarda le mensilità di stipendio o pensione accreditate nei mesi successivi, invece, il creditore può pignorare di volta in volta entro un quinto del totale, fino al raggiungimento della somma pendente.

Attenzione: la somma trattenuta a titolo di rimborso NON coincide con l’importo pendente, ma prevede una maggiorazione pari alla metà dello stesso, a titolo di spese processuali eventuali.

È necessaria anche un’altra precisazione: se sul conto dove viene accreditato stipendio o pensione “atterrano” anche importi di altra natura (ad esempio: canone di locazione di altri immobili) questi ultimi possono essere pignorati senza particolari restrizioni.

Pignoramento & liberi professionisti

In questo caso il creditore può aggredire il conto corrente avendo come unico punto di riferimento l’ammontare della somma pendente.

…e se il creditore è il Fisco?

I limiti differiscono leggermente rispetto al caso di un debitore lavoratore dipendente e creditore privato.

Agenzia delle Entrate Riscossione può pignorare fino ad un decimo del totale se stipendio/pensione è inferiore o uguale a 2.500 euro.

Se l’assegno mensile è compreso tra 2.500 e 5.000, invece, il pignoramento non può eccedere un settimo. Se stipendio o pensione superano 5mila euro, l’importo massimo aggredibile è di un quinto.

La redazione 

 

 



 


Sei indebitato? Ecco cosa può succedere ai tuoi beni

Pignoramento o ipoteca: basta una di queste parole per scatenare il panico

Pignoramento-Vs-IpotecaL’informazione, però, è potere e conoscere le peculiarità di ciascuno dei due strumenti permette di coglierne anche le differenze, e “attrezzarsi” – laddove sia ancora possibile – per evitare di perdere il bene.

Ipoteca: perché tutela il creditore ma può rivelarsi una minaccia per terze persone

L’ipoteca è finalizzata a garantire al creditore la possibilità di recuperare i suoi soldi attraverso il bene su cui grava.

Che succede, però, se il debitore procede alla vendita a terzi, e questi sono completamente all’oscuro dell’ipoteca che incombe?

Se la macchina burocratica è ormai partita, si può arrivare all’asta giudiziaria ed in questo caso la principale vittima sarebbe l’acquirente, costretto a pagare – letteralmente – due volte. La prima in denaro, e la seconda perdendo il possesso del bene.

Onde evitare a monte sgradevoli sorprese è consigliabile chiedere una visura ipocatastale ad Agenzia delle Entrate prima di procedere all’acquisto del bene.

Il pignoramento: l’estrema ratio creditoria

Questo può rappresentare la diretta scaturigine dell’ipoteca, o concretizzarsi indipendentemente da essa. In ogni caso, comunque, il pignoramento presuppone che, per riscuotere la somma pendente, il creditore abbia intrapreso un’azione esecutiva.

Ipoteca Vs pignoramento

La prima dopo 20 anni decade, ma può essere rinnovata dal creditore entro la data di scadenza.

Il pignoramento, invece, è per sempre. Come un diamante, ma decisamente meno piacevole.

La redazione