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Stalking e cartelle gonfiate: è Equitalia, bellezza

Mentre si fa un gran parlare, nelle ultime settimane, della chiusura dell’Agenzia di Riscossione, la cronaca continua a restituirci episodi che ne evidenziano il cattivo funzionamento.  Alcuni di questi, per fortuna, si sono conclusi con il riconoscimento delle ragioni del cittadino. A Cagliari, per esempio, è stata congelata l’ipoteca ai danni di una donna, supportata nel suo ricorso dall’ADOC (Associazione di difesa e orientamento consumatori). A stabilirlo, la Commissione Tributaria, che ha sottolineato come il presunto debito di circa 30mila euro derivante, in misura principale, dall’imposta sulla spazzatura e dal bollo auto, fosse ormai caduto in prescrizione. Particolarmente grave sarebbe poi stato il fatto che le cartelle includevano anche somme che nulla avevano a che fare con il Fisco. Il tutto per raggiungere l’ammontare che permette all’Agenzia di Riscossione di aggredire i beni del contribuente.

Nel frattempo, in provincia di Pisa un ex artigiano che versa in condizioni economiche particolarmente disagiate è stato raggiunto da una comunicazione di Equitalia con cui gli vengono chiesti più di 800.000 euro. Quando l’uomo ha letto la cifra non poteva credere ai propri occhi. Tuttavia, come spiega il responsabile dell’Ufficio del Comune di Santa Croce, dove vive, gli elementi che suscitano perplessità sono molteplici. «In primis il fatto di non aver mai ricevuto nessun altro avviso di pagamento, e poi di aver accumulato un debito sproporzionato per chiunque, a maggior ragione per una persona al limite di indigenza come lui. Senza contare, poi, che l'ultima notifica si riferisce al 2006, quindi siamo comunque al di là dei 10 anni oltre i quali i debiti dovrebbero essere prescritti. Ho l'impressione che questa notifica sia un po' il prodotto di quanto sta per accadere a Equitalia: dovendo chiudere i battenti magari stanno svuotando qualche cassetto».

Da Potenza arriva la notizia di un nuovo caso di “stalking” da parte di Equitalia. Domenicantonio Verrastro aveva dovuto chiudere la sua impresa edile in quanto non riusciva a far fronte alla sua situazione di difficoltà economica. Nel 2005 si era quindi dovuto “reinventare” lavoratore dipendente. Purtroppo, aveva dimenticato di comunicare l’avvenuto cambiamento a Inail, Inps e Agenzia delle Entrate. Così, gli è “piovuta” addosso la spropositata cifra di 800mila euro in cartelle esattoriali. Ora però è arrivata la sentenza del Tribunale lucano, che ha ricordato come due anni fa l’uomo avesse ricevuto dalla Camera di Commercio l’avviso di cancellazione dal Registro dell’Impresa, con valore retroattivo al 2005. 

 

Nel 2017 Fisco più umano con i cittadini?

«Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili», è questo il nome del Decreto firmato nei giorni scorsi dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che prevede la scomparsa di Equitalia dal 1 luglio 2017. L’Ente sarà rimpiazzato da un organismo economico pubblico il cui nome sarà Agenzia delle Entrate – Riscossione. Detto provvedimento, a dispetto delle prime indiscrezioni, non prevede l’aliquota del 35% sul contante frutto della voluntary disclosure.

Il principio di “definizione agevolata” sarà applicato alle imposte dovute a Equitalia tra il 2000 e il 2015, che potranno essere saldate al netto degli interessi di mora attraverso un pagamento dilazionato in quattro tranche. Per usufruirne, sarà necessario presentare una dichiarazione scritta entro 90 giorni, che decorreranno a partire dal giorno seguente all’entrata in vigore del decreto.

Quale sarà la sorte delle multe? Queste sono escluse dalla rottamazione, infatti nel Decreto si specifica che l’operazione non riguarda «le sanzioni amministrative per violazione del Codice della strada».  Dunque, le cartelle contenenti multe possono usufruire della definizione agevolata unicamente in riferimento agli interessi, comprese le maggiorazioni previste per i tardati pagamenti dalla legge di depenalizzazione del 1981. 

Sarà invece possibile aderire alla voluntary disclosure per le violazioni compiute fino al 30 settembre 2016, facendo richiesta entro il 31 luglio 2017.

Si stima che questi provvedimenti faranno affluire nelle casse dello stato circa 2 miliardi di euro.

«Con Equitalia c’è un meccanismo per cui, quando non paghi una multa o le tasse, scattano interessi devastanti e sembra che lo Stato voglia fare cassa. Lo Stato deve essere il tuo consulente. A breve partirà il meccanismo per cui ti avverte con un messaggino. Il meccanismo è quello di avere uno che ti viene incontro e che ti dice “ehi occhio...”. Non ti dice condono».  Così Matteo Renzi a Messina, parlando del cambio di “make up”.

Impresa in ginocchio. «La banca esercitò violenza privata»

Combattere gli illeciti bancari non sempre comporta un happy end. A volte, al contrario, può innescare un tira e molla che, lungi dal permettere al contribuente di svolgere la propria attività, ha come unico effetto congelare le responsabilità dell’istituto di credito. L’odissea di Giuseppe, ingegnere di Catania, è cominciata 9 anni fa: la banca di cui era cliente aveva preteso da lui interessi superiori a quelli stabiliti dal contratto. A nulla è valso il fatto che le autorità giudiziarie avessero accolto la sua istanza, così l’uomo ha presentato una denuncia per violenza privata. Nel frattempo però, la sua società di costruzioni non lavora più, e ha dovuto lasciare a casa 14 lavoratori. Ora ne resta solo uno. 
I problemi iniziano dopo che, a un’importante e cospicua commessa, segue un significativo ritardo di pagamento. La banca segnala degli scoperti, ma in realtà il problema è che i tassi d’interesse sono lievitati. Il Tribunale di Catania condanna l’istituto di credito a risarcire l’uomo con un importo superiore al milione di euro. Per tutta risposta, non solo a Giuseppe viene contestato un dovuto di 600mila euro, ma è anche iscritto in Centrale Rischi. Lui propone un patteggiamento che non viene accolto. A questo punto cominciano gli atti persecutori. 
Tramite il legale dell’uomo viene richiesto il nominativo dell’impiegato che ha iscritto Giuseppe in Centrale Rischi, però la banca fa quadrato e si rifiuta di renderlo noto. Intanto, lui tira le somme: un’azienda di quattro generazioni ha – di fatto – chiuso i battenti e lui è stato costretto a trasferirsi a Milano, sperando di cominciare daccapo reinventandosi come consulente.

Combattere gli illeciti bancari non sempre comporta un happy end. A volte, al contrario, può innescare un tira e molla che, lungi dal permettere al contribuente di svolgere la propria attività, ha come unico effetto congelare le responsabilità dell’istituto di credito. L’odissea di Giuseppe, ingegnere di Catania, è cominciata 9 anni fa: la banca di cui era cliente aveva preteso da lui interessi superiori a quelli stabiliti dal contratto. A nulla è valso il fatto che le autorità giudiziarie avessero accolto la sua istanza, così l’uomo ha presentato una denuncia per violenza privata. Nel frattempo però, la sua società di costruzioni non lavora più, e ha dovuto lasciare a casa 14 lavoratori. Ora ne resta solo uno.

I problemi iniziano dopo che, a un’importante e cospicua commessa, segue un significativo ritardo di pagamento. La banca segnala degli scoperti, ma in realtà il problema è che i tassi d’interesse sono lievitati. Il Tribunale di Catania condanna l’istituto di credito a risarcire l’uomo con un importo superiore al milione di euro. Per tutta risposta, non solo a Giuseppe viene contestato un dovuto di 600mila euro, ma è anche iscritto in Centrale Rischi. Lui propone un patteggiamento che non viene accolto. A questo punto cominciano gli atti persecutori.

Tramite il legale dell’uomo viene richiesto il nominativo dell’impiegato che ha iscritto Giuseppe in Centrale Rischi, però la banca fa quadrato e si rifiuta di renderlo noto. Intanto, lui tira le somme: un’azienda di quattro generazioni ha – di fatto – chiuso i battenti e lui è stato costretto a trasferirsi a Milano, sperando di cominciare daccapo reinventandosi come consulente.