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Notizie

L’imprenditore che omette le ritenute fiscali a causa della crisi economica viene prosciolto

Succede a Padova, dove un imprenditore è stato assolto perché il fatto non costituisce reato.

La crisi economica ha ormai prodotto una vera e propria giurisprudenza a favore, si fa per dire, dell’imprenditore che non riesce a fare fronte ai propri obblighi tributari. In questa prospettiva, il giudice unico di Padova [1] ha assolto perché il fatto non costituisce reato un imprenditore accusato di omesso versamento di ritenute per 93mila euro.
 
Ora, a fronte di una Cassazione che tiene a sottolineare con forza come la crisi d’impresa vada valutata con criteri assai oggettivi e stringenti perché possa svolgere le funzioni di esimente sul delicato piano penale, i tribunali sembrano ormai prendere atto dello stratificarsi di sentenze che vanno in una direzione univoca: le difficoltà dell’impresa attestano una mancanza di dolo. Il giudice padovano, avallando questo orientamento, evita conseguenze penali al l’imprenditore alla guida di una Srl in forte crisi di liquidità.
 
La storia:
Dal bilancio per il 2007, prodotto in causa, emergevano infatti una perdita di esercizio di 35mila euro e debiti per oltre 130mila verso banche e 100mila verso enti previdenziali. A questi si aggiungevano i debiti con il fisco. Il commercialista della società aveva spiegato, come testimone, che i soci avevano cercato di far fronte alla crisi anche con prestiti personali alla società per 150mila euro. Ciò non era però bastato e, per salvare l’attività produttiva, erano stati pagati i creditori più urgenti, trascurando le ritenute con l’intesa di farvi fronte in seguito anche se con l’addebito di penali e interessi: cosa effettivamente avvenuta in base a una rateizzazione concordata con Equitalia.
 
Una tesi che il giudice accetta, dopo aver però smontato un elemento importante della difesa. Gli avvocati dell’imprenditore, infatti, avevano sostenuto l’assenza dell’elemento oggettivo del reato che si concretizzerebbe solo se ai singoli lavoratori venissero consegnate attestazioni di versamento corrispondenti alle ritenute operate. Mancando questa documentazione, doveva essere considerata priva di fondamento la segnalazione delle Entrate che si basava sulla sola verifica dell’assenza dei versamenti e non anche sull’accertamento dell’esistenza delle certificazioni ai dipendenti. Per il giudice monocratico, però, la tesi non sta in piedi. Nel modello 770, infatti, sotto la voce “ritenute operate”, erano state indicate precise somme e, pertanto, va inteso che questi importi sono stati effettivamente trattenuti con l’obbligo conseguente del loro versamento.
 
Il giudice avvalora invece la posizione della “forza cogente” che ha imposto una determinata condotta all’imprenditore che, con una società in profondo rosso, ha dovuto scegliere se ridurre personale e attività (scelta di “difficile esecuzione”, ammette il giudice), o rinviare, attraverso la rateizzazione, il debito con il fisco. Ha scelto quest’ultima soluzione, «per cui si ritiene siffatta condotta non sia stata posta in essere volutamente, ma frutto solo di una contingenza temporale».
 
A questo punto la sentenza ricorda l’affermarsi di una giurisprudenza che solo un anno fa era accolta come segnale di novità e sintomo, nel campo del diritto, di una diversa attenzione alla “variabile economica” delle condotte. Il giudice mette in evidenza come il processo penale, a differenza di quello tributario, imponga di valutare e provare la volontarietà dell’omissione, e cioè che l’imputato si è rappresentato e ha voluto l’omissione del versamento nel termine richiesto, “volontarietà che nel caso di specie non si può ritenere sussistente, al di là di ogni ragionevole dubbio, a causa della crisi finanziaria in cui si è venuto a trovare l’amministratore”.
 
[1] Trib. Padova sent. n. 18/14.
 
Fonte Sole24Ore

Segnalazione alla CAI: se l’assegno viene emesso senza provvista e protestato

Replichiamo un articolo interessante sulla segnalazione in CAI, la Centrale Allarme Interbancaria, e l'interdizione ad emettere assegni.

L’emissione di un assegno privo di provvista costituisce un illecito amministrativo punito dalla legge con il pagamento di una somma di denaro di importo variabile da € 516 a € 3.099 (sanzione aumentabile se il valore dell’assegno “scoperto” è superiore a € 10.329, nonché in caso di irregolarità commessa più volte) e con la “revoca di sistema“, quindi con l’impossibilità di emettere assegni per un periodo di sei mesi ed obbligo di restituire alla Sua banca quelli non ancora utilizzati.   

Con riguardo all’assegno da Lei già pagato, purtroppo nonostante l’avvenuto versamento della somma dovuta al Suo creditore, in mancanza della quietanza liberatoria non è possibile né evitare la sanzione della Prefettura, né ottenere la cancellazione dalla CAI.   

La legge sul punto è molto rigida: se, entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione dell’assegno, la banca non riceve la quietanza di pagamento, segnala chi ha emesso l’assegno alla CAI. Non sono ammesse infatti altre prove, al di fuori della quietanza con firma autenticata, per dimostrare il pagamento: quest’ultimo non può quindi essere provato tramite testimoni o altre prove documentali.   

Dato però che, nel caso di specie, l’iscrizione alla CAI e l’eventuale sanzione amministrativa emessa nei Suoi confronti sono stati determinati dalla mancanza di collaborazione del Suo creditore nel rilascio della quietanza, Lei ha diritto di chiedere a quest’ultimo il risarcimento dei danni subiti a causa del non tempestivo rilascio della quietanza. Sarà sufficiente dimostrare che il Suo creditore (beneficiario dell’assegno) ha fatto scadere il termine di sessanta giorni previsto dalla legge per il deposito della quietanza liberatoria, ha provocato la sua segnalazione alla CAI con conseguente impossibilità di emettere assegni dalla data di iscrizione fino a quella di cancellazione e l’applicazione nei Suoi confronti di una sanzione amministrativa.   

Con riguardo agli altri due assegni, ad oggi invece ancora non pagati, bisogna precisare quanto segue. Lei afferma che, con riguardo ad uno di detti assegni, Le è stato notificato un verbale contenete gli estremi della violazione: entro trenta giorni dalla notifica potrà presentare scritti difensivi e documenti, al fine di ottenere o l’archiviazione del procedimento (il procedimento si chiuderà quindi senza applicazione di sanzioni) oppure una riduzione o rateizzazione della sanzione applicata. Il prefetto, dopo aver valutato le Sue difese, determinerà la somma dovuta per la violazione, ordinandoLe di provvedere al conseguente pagamento, oppure archivierà il procedimento.   Qualora intendesse procedere in tal modo, Le consiglio di rivolgersi ad un legale. Altrimenti l’unica soluzione possibile sarà il pagamento della sanzione determinata dal Prefetto.   

Con riferimento infine all’ultimo assegno, per il al quale ancora non ha ricevuto alcun atto da parte del Prefetto, Le consiglio di rivolgersi alla Sua banca ed informarsi presso questa se è ancora in tempo per effettuare un “deposito vincolato al portatore del titolo”: in pratica, se non è ancora decorso il termine di sessanta giorni dalla presentazione dell’assegno “scoperto”, potrà depositare presso la banca stessa l’importo dell’assegno, degli interessi, della penale 10% e delle eventuali spese di protesto. La banca provvederà quindi a pagare il beneficiario dell’assegno, e le rilascerà una ricevuta necessaria per impedire la comunicazione al Prefetto e l’applicazione di ulteriori sanzioni nei Suoi confronti.  

di Valentina Azzini
Avvocato presso il Foro di Verona

Anziano di Matera denuncia la finanziaria per usura sulla cessione del quinto

È stato superato il tasso soglia di usura e così un pensionato di 84 anni ha denunciato alla Procura della Repubblica di Matera una società finanziaria. Il contratto di finanziamento è stato stipulato a maggio del 2008 con un tasso di interesse del 27,72% mentre all'epoca il tasso soglia di interesse (Taeg) pubblicato dalla Banca d'Italia, per il tipo di finanziamento, non superava il 18%. Per cui il Taeg del 27,72% applicato dalla società finanziaria può definirsi usuraio e penalmente rilevante. 
La legge 108/96 stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurai, applicato, in questo caso, su un prestito richiesto dall’anziano materano per aiutare la figlia residente a Milano.
 
«Il superamento del tasso di usura è stato da noi rilevato - dice Ang elo Fe s t a , presidente dell'Associazione antiracket e antiusura "Famiglia e Sussidiarietà", che sostiene il pensionato - nel momento in cui il cittadino si è rivolto all'associazione per avere informazioni e assistenza in quanto, pur avendo pagato il dovuto, continuava l'addebito mensile, sulla sua pensione sociale, della rata del prestito. La vicenda - rileva Festa - viene da noi patrocinata e ci riserviamo di costituirci parte civile affinché venga ristabilita la legalità».
 
Pochi mesi fa, l'Associazione antiracket e antiusura Famiglia e Sussidiarietà si limitò a segnalare questa situazione, quando ancora non era stata sporta denuncia, evidenziando l’enormità del tasso di interesse su un prestito di 5mila euro diventato poi di 13.500. Proprio Angelo Festa chiarì che il pensionato si era rivolto a un amico che in poco tempo gli presentò un consulente creditizio, che gli fece sottoscrivere il contratto senza alcuna informazione, non lasciando più tracce. L’anziano pensò di aver sottoscritto un contratto per la durata massima di 6 anni, ma in seguito ha scoperto di dover pagare le rate fino al 2018 con interessi usurai.
 
L'Associazione Famiglia e Sussidiarietà fornisce assistenza legale e finanziaria alle famiglie e alle imprese con una pre-analisi dei conti correnti, mutui, carte revolving e leasing. Dà informazioni e consulenza sulle nuove disposizioni di legge in merito alla composizione delle crisi da sovra indebitamento, per le famiglie, gli agricoltori e le imprese non fallibili, e intende costituirsi parte civile in tutti i casi di usura e estorsione. Al di là di questi due casi, come già denunciato dagli organismi che a Matera si battono contro l’usura nelle sue molteplici modalità, l’indebitamento delle famiglie è abbondantemente oltre i limiti di guardia.
 
Anche la Fondazione antiusura ha spesso puntato il dito accusatore su un sistema del credito che continua a prendere senza concedere niente, che si dimostra sempre di più «spietato ed avaro». E aumenta il numero di coloro che le banche respingono, che mandano indietro anche per i prestiti minimi, così come tirano subito il freno di fronte a minimi ritardi nei pagamenti.
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