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Definizione agevolata delle cartelle: se non vale la pena posso rifiutare?

Rinuncia definizione agevolata cartelle esattorialiSperavi che usufruendo del provvedimento di rottamazione recentemente introdotto avresti risparmiato, ma poi hai realizzato che non ti sarebbe convenuto? Niente paura, puoi rinunciare, e per farlo è sufficiente inoltrare apposita comunicazione all’Agenzia di Riscossione entro il 31 marzo. A precisarlo è stato lo stesso Ente nell’ambito dell’incontro, avvenuto nei giorni scorsi, con l’ODCEC (Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Roma).

Il tavolo tecnico è nato dall’esigenza di chiarire quale sia l’iter di attuazione della definizione agevolata delle cartelle esattoriali introdotta dal Decreto Fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2017. Equitalia ha colto l’occasione per fugare i dubbi dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e di altri organismi in merito alle varie questioni attuative.

Rinunciare alla definizione agevolata: come fare?

Durante l’incontro si è evidenziato che il testo di legge non specifica se la presentazione della domanda e il versamento della prima rata manifestino l’inequivocabile volontà di aderire al provvedimento. Che succede, quindi, se l’utente cambia idea dopo aver ricevuto la risposta di Equitalia? È possibile bloccare tutto e tornare a pagare l’importo inizialmente previsto con tempistiche maggiormente dilatate?

L’Agenzia di Riscossione ha risposto specificando che il termine ultimo entro cui il contribuente può rifiutare il piano di definizione agevolata è il 31 marzo 2017. Contestualmente però, Equitalia ha chiarito che il medesimo effetto si ottiene “semplicemente” non pagando la prima rata: in tal modo, infatti, torna operativa la dilazione di cui aveva precedentemente usufruito.

E se volessi presentare più domande di rottamazione?

È possibile inoltrare – sempre entro il 31 marzo – molteplici richieste di definizione agevolata, relative a singole cartelle e/o ruoli, come pure far riferimento a uno o più ambiti territoriali. L’unico requisito necessario è far riferimento a uno degli ambiti a cui si è iscritti anagraficamente. 

 

Debito milionario piomba su barbone. «Mi hanno tolto gli ultimi 50 euro che avevo»

Cosa rende tale la verità? 

Mario Silvestri barbone cartella esattoriale milionariaLa ricostruzione dei fatti il più neutra e distaccata possibile, o l’incrocio e il bilanciamento di più punti di vista anche molto diversi tra loro? Interrogativi del genere si (ri) propongono con urgenza, davanti a vicende quali quella del barbone Mario Silvestri, che, a detta di chi lo conosce, vive in strada da circa 20 anni. L’uomo si è visto bloccare l’accesso al suo conto  BancoPosta, su cui c’erano circa 60 euro, per una cartella esattoriale dall’importo vertiginoso. Si parla di circa 18 milioni di euro. A comunicarglielo, una lettera che gli è stata recapitata presso la Comunità di Sant’Egidio, individuata come domicilio per le persone senza fissa dimora come lui.

Reo di riciclaggio, o vittima di un furto d’identità?

«Da quanto ho letto, mi sarei dovuto presentare al Tribunale di Roma il 16 gennaio. Ci sono andato da solo, perché non ho la disponibilità di appoggiarmi a un avvocato, eppure nessuno ha saputo dirmi niente». Così Mario Silvestri.

Leggendo attentamente tra le righe della vicenda, emerge che da circa 15 anni l’uomo sarebbe l’amministratore unico di due società di commercio auto. Il dubbio sorge, quindi, spontaneo: che si sia offerto come prestanome? A domanda diretta Mario Silvestri spiega che, anni fa, mentre dormiva in macchina, lo avrebbero avvicinato alcune persone proponendoglielo, in cambio di un po’ di soldi, scarpe e cibo.

A suo dire, la faccenda si sarebbe conclusa nel 2005, ma intanto, nel 2004 l’Agenzia delle Entrate lo aveva interpellato in merito all’evasione dell’IVA e dell’IRPEF per un totale di 16 milioni di euro. Non essendosi opposto, sarebbero poi iniziati a fioccare i solleciti.

L’uomo continua a dichiararsi innocente e, secondo quanto afferma, le uniche attività che svolge sono la comparsa cinematografica, e l’alunno del DAMS. 

 

Pagamento bollo tramite bancomat e carta di credito: confermati (per ora) i ricarichi

Il Tar del Lazio ha – temporaneamente – graziato l’Aci

Pagamento_bollo_auto_bancomatÈ stata infatti bloccata la decisione del Garante della Concorrenza e dei Consumatori con cui lo scorso dicembre l’organizzazione era stata multata per un importo pari a 3 milioni di euro

L’organizzazione aveva infatti applicato commissioni agli automobilisti che avevano versato il bollo attraverso carta di credito o Bancomat.

L’Automobil Club, secondi i rilievi dell’Antitrust, avrebbe trasgredito all’articolo 62 del Codice di Consumo che impedisce di imporre ai cittadini voci di spesa supplementari per l’impiego di specifici strumenti di pagamento.

La decisione definitiva del Tribunale Amministrativo Regionale arriverà il 6 dicembre 2017, ma nel frattempo è stata accolta la richiesta dell’ACI di tutela cautelare, in applicazione dell’articolo 55 del Codice di Procedura Amministrativa. Peraltro, resta in vigore il sistema di pagamento esistente.

Cosa era successo a dicembre

Il mese scorso il Garante della Concorrenza e dei Consumatori si era pronunciato sul servizio Bollonet, dedicato a chi sceglie di pagare l’imposta online utilizzando carta di credito, sul saldo tramite Bancomat e sull’ipotesi di ingannevolezza delle comunicazioni veicolate dal portale dell’ACI. 

Quest’ultimo infatti menzionava l’opportunità di ottenere l’esenzione dalle commissioni bancarie per un massimo di tre bolli, indicando invece per gli utenti non soci la necessità di versare un ricarico.

A conti fatti, le commissioni richieste possono arrivare a 75 centesimi, nel caso di pagamento con carta di credito. Chi sceglie il Bancomat se ne vede addebitati 20 ma, in entrambi i casi, c’è da considerare un ulteriore ammontare di 1,87 euro destinato a coprire il costo del servizio di riscossione.

Automobil Club aveva giustificato questi ricarichi sottolineando che le Regioni le riconoscono un tot solo in caso di pagamento in contanti, dunque l’organizzazione si sarebbe ritenuta legittimata a trasferire sull’utenza le spese correlate alla gestione dei circuiti telematici. 

Il Garante della Concorrenza e dei Consumatori aveva respinto questa posizione specificando, tra l’altro, che riconoscere esenzioni specifiche ai soli soci viola gli articoli 20 e 23 del Codice del Consumo. 

 

da redazione

 


 
 
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