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Evasione fiscale: recuperati 300mila euro

Nella lotta all’evasione fiscale, Sassari è al primo posto in Sardegna. A rilevarlo sono i dati resi noti dal Ministero dell’Interno in riferimento all’attività portata avanti dal Settore Tributi a partire dal 2012. Lo scorso anno, gli accertamenti conclusi per mancata opposizione hanno consentito l’iscrizione a ruolo di interessi e sanzioni per un totale di circa 300.000 euro. Contestualmente, la riscossione inserita in contabilità è ammontata a 64mila euro, per un gettito complessivo al Comune di 20mila euro.

«Attraverso la coordinazione tra Agenzia delle Entrate e Comune siamo riusciti a mettere insieme un gruppo di addetti ai lavori. Abbiamo ideato specifici percorsi investigativi facili da attuare e modificabili in base al particolare contesto». Così Alessio Marras, assessore ai Tributi.

«Dall’analisi effettuata emerge che il fenomeno è particolarmente presente nel campo della proprietà edilizia, e del patrimonio immobiliare. L’evasione riguarda soprattutto i redditi fondiari».

Lo scorso anno il Comune ha incassato 20mila euro, che costituiscono una quota della somma che gli potrebbe essere assegnata secondo la normativa nazionale (65mila euro circa). La stragrande maggioranza dell’importo, a oggi, va alla Regione, in base a quanto sancito dallo Statuto della Regione autonoma.

Tuttavia, il sindaco Nicola Sanna ha dichiarato che è stata avanzata una proposta di legge incardinata in quella di stabilità varata nei mesi scorsi, e che prevede un equo riconoscimento economico dell’impegno profuso dai Comuni nella lotta all’evasione fiscale.

«La Regione – prosegue il primo cittadino – ha recepito la normativa nazionale dall'annualità 2017 e pertanto, dal prossimo anno, i Comuni sardi potranno ricevere i relativi contributi al cento per cento degli importi incassati dallo Stato».

 

Scaricava le spese sostenute per il figlio autistico. Equitalia gli presenta il conto

Le decisioni dell’Agenzia di Riscossione a volte si collocano nella zona grigia tra il grottesco e il paradossale. A dimostrarlo, negli ultimi giorni, la vicenda di Marco Lerario e della sua famiglia, resa nota da un servizio del TG2. Equitalia infatti gli dà “la caccia” da otto anni, in quanto l’uomo scarica le spese mediche effettuate per il figlio disabile della moglie, morta di cancro nei mesi scorsi.

Marco Lerario mantiene cinque ragazzi, due dei quali nati dal precedente matrimonio della defunta. Tra loro, un invalido al 100 % affetto da autismo, attualmente 30enne. L’uomo si prende cura di lui pagando tutte le spese necessarie al suo sostentamento (sport, medicine, scuola…) da quando era piccolo.

Nonostante l’intero nucleo sia nello stato di famiglia di Marco Lerario, nel 2009 l’Agenzia di Riscossione gli ha presentato il conto, intimando la restituzione di 50mila euro in detrazioni. La motivazione? L’uomo non sarebbe “qualificato” ad occuparsi del mantenimento del ragazzo autistico. E ora Equitalia ha pensato bene di pignorare il quinto del suo stipendio come “acconto”.

La motivazione, a dir poco incredibile. Sembra che l’uomo stia facendo “beneficenza”. Purtroppo, all’origine della vicenda c’è un’anomalia legislativa. Infatti l’articolo 12 del Testo Unico sulle Imposte Dirette non prevede casistiche riconducibili alla sua storia. Eppure, due anni fa era stata presentata una risoluzione in Commissione Finanze in merito.

Come se non bastasse, la Commissione Tributaria ha rigettato il ricorso e ora l’uomo deve fare appello, se vuole evitare di pagare 

«L’ipoteca di Equitalia era illegittima». Intanto il debito da 26 milioni di euro rimane

L’Agenzia di Riscossione sbaglia? Non è detto che il contribuente possa tirare un sospiro di sollievo. Ne è la dimostrazione la storia di un uomo  pugliese. Il 62enne brindisino  non solo è costretto a vivere con una pensione da fame, ma si è anche visto richiedere una cifra spropositata: circa 25 milioni di euro.

All’origine di tutto la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria che gli viene recapitata lo scorso febbraio, correlata da un’intimazione di pagamento a un mese, pena l’iscrizione ipotecaria per il doppio del debito.

La situazione dell’uomo si è quindi rapidamente compromessa, considerando che già in partenza era piuttosto precaria. Infatti la sua vita lavorativa era stata pregiudicata dall’insorgere della cardiopatia, che lo aveva costretto a restare a casa. Dopo che arriva la comunicazione di Equitalia, ovviamente il 62enne mette tutto in mano agli avvocati e viene inoltrata una richiesta di accesso agli atti, così da fare luce sulle cartelle di pagamento. Nessuna risposta. Il punto è che non è possibile iscrivere ipoteca senza preventiva notifica  delle cartelle da cui deriva, perché si priva il contribuente della possibilità di impugnarle e farle dichiarare illegittime. Dunque, l’Agenzia di Riscossione si è resa responsabile di un vizio procedurale nonché di uno consequenziale.

Quando si apre il procedimento davanti alla Commissione Tributaria, Equitalia rinuncia a prender parte alla causa e quindi perde. Viene decisa la decadenza dell’iscrizione ipotecaria preventiva ma il Tribunale non si pronuncia in riferimento alle cartelle non notificate

Quale sarà, a questo punto, la sorte dell’uomo? Non è dato saperlo. Quel che è certo, è che l’Agenzia di Riscossione potrebbe intervenire da un momento all’altro con il pignoramento dei beni. Nel frattempo, i suoi legali non hanno gettato la spugna, e anzi hanno provveduto a impugnare le vecchie cartelle esattoriali.