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Hai bisogno di soldi e stai pensando di andare in banca?
C’è una cosa che devi sapere. Prima di accordarti il finanziamento, questa potrebbe prendere informazioni su di te, attingendo ai registri dei debitori disciplinati dal Codice Deontologico Sulle Informazioni Commerciali recentemente stilato dal Garante della Privacy.
Attualmente, sul documento è stata avviata una discussione pubblica.
Fallimenti, pignoramenti, ipoteche … a indagare in merito saranno società private, senza richiedere preventivamente il consenso degli interessati.
Le fonti da cui potranno attingere? Tutti i registri disponibili alla pubblica consultazione (bilanci, visure, atti camerali), ma anche organi di informazione (quotidiani cartacei e on line).
Queste società “investigative” trascriveranno i dati raccolti nei succitati elenchi dei debitori. Il tutto, impegnandosi a garantire completezza, attendibilità e aggiornamento.
In linea generale, saranno mantenuti fino al momento della cancellazione dalle fonti pubbliche da cui provengono.
Fanno eccezione fallimenti, ipoteche e pignoramenti. In tal caso infatti, le informazioni potranno essere conservate per un massimo di dieci anni dall’inizio della procedura.
L’ultimo caso, in ordine di tempo, in Umbria, dove il Tribunale di Perugia ha condannato l’istituto di credito. Il debito era infatti stato calcolato sommando gli interessi dell’anno precedente a quelli degli anno successivo.
«La vicenda inizia quando la banca attiva un’ingiunzione di pagamento nei confronti di un’impresa per una somma vicina ai 30mila euro chiedendo il pagamento, però, anche ai soci che erano fideiussori e quindi garanti. Uno dei soci si oppone all’ingiunzione e tra le varie eccezioni solleva anche la scorretta pratica del calcolo anatocistico degli interessi».
A ripercorrere i fatti, il difensore, Alessandro Bacchi. Il processo ha stabilito che la somma non dovuta ammonta a 16.000 euro, perciò ora sarà necessario procedere al ricalcolo.
«Raccontare la propria storia può essere d’aiuto ad altri»
Intanto, proseguono gli incontri sul territorio per presentare«Istituti discredito».
Nei giorni scorsi è stata la volta di Piacenza, dove l’imprenditore Giovanni Pastore ha spiegato perché ha deciso di collaborare al progetto. «È importante discutere di usura bancaria, far capire che il problema esiste, e che anzi rappresenta una vera e propria piaga per il Paese». Tuttavia, fino a quando la Banca d’Italia sosterrà le banche e non i consumatori, sarà difficile contrastarlo.
L’usura bancaria è un problema tutto italiano
La storia di Giovanni Pastore è, in tal senso, emblematica. Infatti, l’uomo ha in corso cause con diversi istituti di credito. Alcuni di questi gli hanno offerto un risarcimento, altri, invece, ancora non mollano.
In definitiva, conclude, «non è che non ci si possa fidare delle banche, ma purtroppo per varie ragioni spiegate nel libro, in Italia loro hanno la facoltà di imporre delle condizioni, delle clausole e dei tassi che possono risultare usurari, mentre in Europa no».
La sua attività commerciale era stata sottoposta a procedura fallimentare, così l’Agenzia delle Entrate ed Equitalia avevano inviato la cartella solo al curatore.
Queste le motivazioni che hanno portato a invalidare la richiesta: «trattandosi di crediti i cui presupposti si sono determinati prima della dichiarazione di fallimento del contribuente, la notifica della cartella di pagamento andava effettuata sia al curatore ai fini della partecipazione di detti crediti al concorso fallimentare, sia al contribuente che, nonostante la dichiarazione di fallimento, continua a rimanere titolare del rapporto tributario e come tale esposto, anche sotto il profilo sanzionatorio, agli effetti pregiudizievoli connessi alla definitività dell’atto impositivo/riscossivo».