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Come un’epidemia di peste, il centro si svuota di negozi. Ma non c’era la ripresa?

L’immaginario collettivo è popolato da un’immagine estremamente evocatrice del Nord Est.  Il Veneto è stato – storicamente – locomotiva e traino dello sviluppo del Paese. Il contraccolpo della crisi è orai sempre più impietoso, e la sua “coda” continua a seminare disperazione e distruzione. Oggi proviamo a fare il punto della situazione in cui versa Mestre.
 
Gli esercenti locali sono condannati a pagare affitti da usura. Non ci gira intorno Doriano Calzavara (Ascom), mentre traccia “l’istantanea” del tessuto produttivo locale. «Se i canoni non fossero totalmente fuori mercato, metà delle vetrine tornerebbero a essere illuminate», ribadisce. Confesercenti ha rincarato la dose, dopo aver esaminato la situazione del comparto. A dispetto della tanto sbandierata ripresa, i primi otto mesi dell’anno hanno visto la chiusura di 100 negozi, a fronte di appena 60 imprenditori che hanno tentato di re-inventarsi.
 
«Mestre non ha l’immagine di una città che è cambiata, e finchè non passa questo concetto, il commercio in centro sarà sempre in queste condizioni. Ho grandi speranze nel progetto che riguarda il museo M9 e il centro commerciale dentro l’ex Distretto. Se lì si riuscisse a portare qualcosa come Eataly o Slow food, credo che l’intera zona del centro potrebbe rinascere. Le vetrine che si spengono inducono altre chiusure, come in un domino infinito».
 

 

Rinvenuti plichi Equitalia rubati. Chi pagherà per il danno ai cittadini?

Disperazione, suicidi, violenza. Le cartelle esattoriali possono essere semi del male. E non solo quando vengono recapitate.  Anche – e soprattutto – quando non arrivano a destinazione.  Mentre i contribuenti non sanno come sbarcare il lunario, e a chi dare i resti tra bollette, spesa e tasse, chi tutela i loro diritti? La domanda rischia di cadere nel vuoto, come dimostra un recente fatto di cronaca.
 
 
 
A Salerno, in pieno centro, è stato disperso in strada un notevole quantitativo di cartelle esattoriali, frutto di un furto a un portalettere. La scoperta è avvenuta durante un’ispezione relativa alla gestione della raccolta differenziata. I plichi sono stati restituiti agli uffici di Poste Italiane situati in via Pastena e, si spera, quanto prima giungeranno ai diretti interessati. A questo punto viene però spontaneo chiedersi: chi pagherà per gli eventuali debiti nel frattempo scaduti? È giusto che il cittadino subisca lo scotto di un’ipoteca, un fermo amministrativo, o uno sfratto provocato da un mix letale di casualità e negligenza altrui?
 
 

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«Ho 70 anni e sono quasi invalida. Aiutatemi a non finire in strada». Salvata dal web

Dove non arrivano le istituzioni, per negligenza o superficialità, fortunatamente arrivano i cittadini. La storia che stiamo per raccontare è la prova che il web, spesso demonizzato e additato come la principale causa di nuove forme di disagio sociale, può svolgere una virtuosa funzione. Quella di ponte tra chi patisce un bisogno e chi è in grado di soddisfarlo. Esperia Sfreddo, settantenne pensionata friulana, è stata a un passo dal finire in strada. Ha rischiato di ritrovarsi a dormire in auto, a seguito di un’ingiunzione di sfratto fin troppo perentoria. La donna però non si è arresa, e ha lanciato un “sos” ai suoi amici di Facebook. Si è quindi messo in moto uno straordinario passaparola che l’ha salvata dalla solitudine e dall’isolamento. In molti le hanno offerto un tetto, e il figlio ha deciso di occuparsi di lei fino a quando non si arriverà a una soluzione stabile della vicenda.

I problemi per Esperia Sfreddo erano cominciati dieci anni fa. Come se non bastasse la morte del marito Alessio, aveva infatti dovuto fronteggiare la liquidazione della loro azienda metalmeccanica. Successivamente era anche ricorsa a forme di protesta eclatanti, per smuovere le coscienze … e le autorità. Nel 2008, per esempio, si era incatenata al bidone della spazzatura situato vicino al municipio di Cordenons.

«Il Comune pretendeva che traslocassi 50 anni di vita nel giro di qualche giorno. Ma come avrei potuto fare, visto che mesi fa ho anche subito due operazioni alle ginocchia?». Così la pensionata friulana ha spiegato le ragioni che l’hanno spinta a trasferire la sua protesta in Rete. Adesso, la priorità è trovare un nuovo alloggio a un prezzo ragionevole, perché di ottenerne uno popolare, purtroppo, non se ne parla. «Le autorità mi hanno detto che prima devo sistemarmi in una nuova casa, dopodichè cercheranno di aiutarmi a pagarla».